Quanto è importante la salute psicofisica di un insegnante? Quanto influisce sulla qualità dell’insegnamento il suo stato di salute psicofisico?
Queste sono le domande che mi sono posto quando, oltre 30 anni fa, ho iniziato a studiare in modo approfondito la relazione che esiste tra benessere psicofisico e qualità del lavoro che svolgiamo. Leggendo le varie statistiche saltavano sempre agli occhi alcune categorie professionali a maggior rischio di depressione, ansia, malattie psichiche, più o meno gravi e tra le categorie più a rischio emergevano gli insegnanti.
Oggi, questa tipologia di disturbo viene associato al rischio burnout, causato dallo stress da lavoro correlato (Vedi rapporto Ispesl Stress & Burnout). Il ruolo degli insegnanti è sempre più sollecitato da attività che non competono direttamente, ma che sono costretti a svolgere, come ad esempio il ruolo strettamente educativo.
Educare è un attività molto complessa e faticosa, che richiede competenze importanti, che se le hai bene, altrimenti è un disastro e non esiste una scuola che educhi i genitori ad educare. Sono proprio queste mancanze che ricadono sugli insegnanti che, a loro volta, si trovano ad affrontare situazioni non strettamente pertinenti ai loro compiti, ma che immancabilmente devono risolvere, se desiderano portare a termine il loro compito istituzionale. Il fatto è che quando lavori con i bambini, con gli adolescenti e fino ad età adulta, tutto ciò che è istituzionale va a farsi benedire!
La relazione che generalmente si instaura tra docente e studente infatti, non è mai solo istituzionale; le relazioni, specialmente con i più piccini, sono colme di empatia, elemento questo, assolutamente necessario per comprendere in modo più approfondito i propri allievi e trasmettere loro il valore della relazione, dei sentimenti e del rispetto per le persone, dei ruoli e dei valori.
Mi sono interfacciato con molti docenti di ogni ordine e grado, rivolgendo loro le seguenti domande: “perché hai scelto di fare il docente? Chi te lo ha fatto fare?” La quasi totalità di loro ha espresso, con commozione, il motivo per cui hanno scelto di fare questa professione. La ragione è che amano il loro lavoro! La maggior parte di loro tuttavia, ha presto perso la “poesia” e l’aspetto romantico che li aveva motivati a diventare insegnanti: la passione per l’insegnamento, per la conoscenza e per la condivisione del sapere.
Purtroppo, invece, gli insegnati si scontrano con quegli elementi evidenziati dal rapporto Ispesl e cioè, il fatto che passano moltissime ore con la stessa utenza, che devono rispondere alla rigidità dei programmi scolastici, ma ai quali è contemporaneamente richiesta la massima flessibilità, nei confronti del programma e delle persone. A questo, si aggiungo, come detto, l’incapacità di molti genitori di educare i propri figli, che richiede da parte dei docenti una maggiore preparazione professionale e un immensa flessibilità.
Spesso, a causa di aspettative nei confronti dei risultati dei loro figli disattese, si genera anche malcontento nei genitori, magari proprio in quelli che non sono capaci di educare e seguire i propri figli. Malcontenti che ricadono inevitabilmente su i docenti. In certi casi si arriva addirittura a pensare che se i propri figli sono maleducati dipende dalla scuola e non dalla famiglia. Tuttavia, il quadro è sicuramente più complesso, perché in realtà questa situazione coinvolge l’intera coscienza collettiva.
Tutta la passione, tutto l’amore per il proprio lavoro, con queste premesse, con questa realtà vissuta dai docenti, risulta molto facile che l’aspetto romantico del proprio mestiere venga meno, con il rischio di cadere in un stato depressivo. Aggiungiamo a questa situazione un altro ingrediente: la propria vita privata (che spesso, a causa dell’attività stressogena della scuola, viene rovinata o perlomeno appesantita). A questo punto in men che non si dica, si crea quel circolo vizioso, quel loop che pone le basi per le patologie legate all’ansia, lo stress e il rischio di burnout.
Il motivo alla base di tutte queste problematiche risiede nel fatto che il sistema dell’istruzione non si prende minimamente cura di chi deve insegnare, ma solo di quello che devono insegnare! Non si prende cura di chi deve imparare, ma solo di ciò che devono imparare! Inevitabilmente le “PERSONE” si trovano sovraccariche di nozioni, informazioni, doveri, compiti, obblighi ecc, fino a quando il sistema nervoso cede. In questo stato, oltre a perdere l’amore per il proprio lavoro, quello che si fa, lo si fa con il minimo sforzo possibile per non cedere al burnout e alle altre patologie correlate allo stress.
Il risultato dell’insegnamento in uno stato psicologico e fisiologico così non può aiutare gli studenti a comprendere, ad amare lo studio, ad amare la scuola, con le conseguenze che purtroppo si conoscono bene, come l’abbandono scolastico e altri fattori, che tratteremo in un altro capitolo a loro dedicato. Uno stato così è privo di passione, privo di energia che coinvolge, privo di colore e di calore e, certamente, non aiuta ad amare ciò che si fa, sia per il docente che per lo studente! La passione del docente si spegne e il desiderio di entrare in aula e portare una ventata di sapere, di conoscenza, di condivisione, di relazione, di inclusione, diventa una tortura e non si vede l’ora di finire quella giornata. L’indomani si ricomincia, dopo una notte altrettanto pesante, passata a rimuovere gli stress della giornata appena trascorsa.
E’ cosi che si innesca il loop che porta al burnout.
Per questa ragione è nato il progetto internazionale chiamato Scuola Senza Stress/Momento di Quiete in Classe. Per prendersi cura di chi deve insegnare e di chi deve imparare. Questo è un bisogno trasversale che coinvolge la categoria in tutto il mondo, in egual misura. Il progetto prevede due momenti di quiete durante l’arco della giornata, Il momento di quiete in classe appunto, all’inizio della prima ora di lezione e all’inizio dell’ultima ora. Durante questo momento si pratica una tecnica che permette alla mente e al sistema nervoso di sperimentare uno stato di profondissimo riposo, due volte più profondo di quello che si ottiene in un’intera notte, in pochissimi minuti, da 5/15.
La tecnica che si utilizza, è la tecnica di Meditazione Trascendentale, perché i suoi risultati e la sua efficacia sono convalidati da oltre 700 studi scientifici condotti in tutto il mondo da ricercatori indipendenti e pubblicati in riviste autorevoli. Inoltre, è facilissima da applicare anche a scuola, facile da imparare, naturale, totalmente priva di sforzo e adatta a tutti, dai più piccini alle persone più anziane.
La stessa Unione Europea ha finanziato, per ben due stagioni, con il progetto Friends di Erasmus plus, il progetto Scuola Senza Stress/Momento di Quiete In Classe, in risposta al bisogno di promuovere la resilienza, l’educazione inclusiva e la non discriminazione nelle scuole. Il progetto ha coinvolto 4 nazioni europee, Portogallo, Belgio, Regno Unito e Italia, In Italia sono oltre 500 gli studenti coinvolti, circa 150 docenti e 50 genitori.
C’è molto da dire su questo straordinario progetto, vi invito a consultare il nostro sito www.fondazionemaharishi.it e a scaricare la brochure gratuitamente (mettere a disposizione la brochure da scaricare). All’interno potrete vedere i risultati dello studio condotto nel progetto Friends e le numerose ricerche correlate alla scuola e alla Meditazione Trascendentale.
Puoi inoltre sostenere questo progetto innovativo che migliora il benessere dell’intera comunità scolastica attraverso il 5×1000.
Il principale obiettivo della nostra campagna 5×1000 è quello di divulgare su vasta scala questo nuovo approccio che coinvolge l’intera comunità scolastica basato sul programma di Meditazione Trascendentale. Scopri come donare al tasto sotto.
Gabriele Fancello – Presidente Fondazione Maharishi