La coscienza è primaria, è tutto ciò che c’è
Nel contesto del desiderio di dare una spiegazione del mondo e delle cose, di ogni aspetto dell’esistenza, diventa prioritario, per semplificarsi il compito, vedere se per caso non ci sia un denominatore che li accomuna. A tal riguardo, in effetti, le risposte non mancano e sono anche incredibilmente coerenti.
Di che cosa siamo fatti? Di che cosa è fatto tutto quanto?
Proprio nel giugno scorso il Prof. Tony Nader, che Maharishi stesso ha messo a capo del suo Movimento della Meditazione Trascendentale, alla richiesta di produrre una dichiarazione interreligiosa che desse un’indicazione di base per aprire i lavori del Summit tenutosi nella Città del Vaticano allo scopo di lanciare un cambiamento globale (Shape the World – Plasmare il mondo) per un’economia comunitaria, ha fondato l’intero suo discorso su un’unica base: la coscienza è l’aspetto più importante della nostra esistenza, in sostanza: la coscienza è primaria – su questa base ha in realtà fondato l’intera sua opera non solo di responsabile del Movimento della MT, ma di ricercatore, di divulgatore e autore.
E ha dedicato un ampio spazio di quel suo intervento ad esaminare proprio le risposte ai quesiti fondamentali della vita che ci arrivano dalle differenti religioni e anche dalla scienza, mettendo in luce come in realtà, pur con un linguaggio differente, la tensione sia stata, nel corso del tempo, e sia anche attualmente, verso una totalità unificata con caratteristiche assolute. Dalle Upanishad o dal Tao, da Sant’Agostino alla Bibbia, alla teoria della fisica moderna di un Campo Unificato, le modalità sono molteplici, ma la sostanza viene sempre riconosciuta in un valore unitario – “Com’è l’atomo così è l’universo”. Potranno non essere tutti d’accordo sui dettagli, ma alla fine non resta cha ammettere che per spiegare “tutto”, la “teoria del tutto” che vede gli universi in una sintesi mirabile di campi immanifesti è almeno quella che ha in sé meno contraddizioni.
Non sarà detta l’ultima parola fino a che la consapevolezza collettiva non sia arrivata ad esprimersi nella sua più profonda autentica pienezza, ma almeno possiamo dire che, tutte le volte che qualche spiegazione “funziona”, ha alla sua base l’idea di un’unica realtà ultima, soggiacente, onnipervadente.
La coscienza, quel valore unificante, immanifesto, non localizzato, “a immagine di Dio”, riempie l’ultimo tassello.
Che cos’è la coscienza?
Dal punto di vista oggettivo per la maggior parte della fisica moderna è “il costituente ultimo”. Dal punto di vista soggettivo l’esperto è Maharishi. Lasciamo che sia lui a parlare:
La coscienza è la luce con cui l’uomo guarda il mondo per sperimentare gli oggetti. Quando questa stessa luce viene rivolta verso sé stessa, la conoscenza di sé che ne deriva illumina tutto il pensiero e l’azione.
La coscienza allora conosce sé stessa come illimitata, libera, sorgente di tutta la creazione. Chi sperimenta non è più adombrato da ciò che sperimenta. La coscienza cessa di essere il servo dei pensieri e delle percezioni e diventa il loro governatore. Qualsiasi desiderio proiettato da questo stato di conoscenza del Sé raggiunge il suo obiettivo senza incontrare resistenza. Maharishi, Creare una Società ideale, 1976
Così su questo c’è un accordo di massima: c’è un denominatore comune; c’è qualcosa che mette d’accordo scienza e spiritualità. Ma c’è ancora un abisso da colmare: se la coscienza è tutto ciò che c’è, se essa è luce – e possiamo accettare che sia così – com’è che brancoliamo ancora nel buio?
C’è coscienza e coscienza…
Non è una battuta da azzeccagarbugli, è il dramma esistenziale più tremendo.
La coscienza, nella sua forma più pura, come più semplice forma di consapevolezza, è davvero “tutto ciò che c’è”. Ma quanto siamo coscienti di tale Coscienza?
Questa è la ragione per cui Maharishi lasciò l’Himalaya e si immerse nella storia più incredibile che l’umanità abbia conosciuto – c’è un modo per far sì che “occhi che non possono vedere” comincino a vedere, per far sì che l’elemento più abbondante che ci sia, l’unico di fatto esistente, possa anche “essere in funzione”, possa essere conosciuto totalmente e al livello in cui esso esiste.
Così Maharishi ha acceso quella luce.
Allora, per la mente, non c’è bisogno di andare in lungo e in largo. È semplicemente lì. Quindi, quando si trascende, l’aiuto inizia a venire da lì per raggiungere il livello dell’onnipresenza. Quanto tempo può volerci? L’onnipresente è onnipresente, è un momento. Questa è la natura misericordiosa dell’Onnipotente. Non deve venire da qualche altra parte, no. L’aiuto proviene proprio da quel livello, perché lì operano tutte le leggi di natura. Si tratta solo di portare la nostra attenzione lì. Se deve arrivare, deve arrivare proprio da dove siamo. Non deve venire, non deve venire, non viene da nessun’altra parte.
Troppo semplice
Come tutte le cose vere. Ma d’altra parte, sei un meditante! Lo sperimenti almeno due volte al giorno tutti i giorni. La ricerca nel campo della coscienza ti è familiare:
Questa ricerca nella coscienza è il viaggio dell’attenzione attraverso livelli sequenzialmente più sottili del processo di pensiero, fino a quando la consapevolezza penetra la sorgente del pensiero, il campo della Pura Coscienza, il campo della pura intelligenza, il campo del Sé – il campo fondamentale della vita, che è la sorgente di ogni pensiero, parola e azione.
La coscienza è l’elemento più fondamentale della creazione e quindi la Tecnologia della Coscienza è la tecnologia più fondamentale della creazione. Ciò significa che, sulla base della tecnologia della coscienza, tutto può essere fatto e tutto può essere realizzato nell’intero campo della creazione.
Maharishi, Celebrazione della perfezione nell’istruzione – 1997